11 marzo 2021: ad un anno dalla dichiarazione di pandemia da parte dell’OMS ci sono stati 2,6 milioni di morti per Covid-19.
Fin dall’inizio della pandemia, si è posto il problema se convivere con il virus o se invece sradicarlo.
Diamo uno sguardo alla situazione attuale, facendo un’analisi soprattutto “tecnica” e non politico-ideologica.
La Cina, da dove è partito tutto, ha scelto subito di debellare il virus e ci è riuscita: attualmente registra 20 casi di contagio al giorno e quindi riesce a controllare facilmente i focolai; ha sviluppato tre o quattro vaccini, ma non sta vaccinando (certamente non a livello di massa) la sua popolazione in quanto, di fatto, non ne ha neanche bisogno.
Le multinazionali occidentali ne fanno essenzialmente una questione di soldi, la Cina, più intelligentemente, usa i vaccini come arma geopolitica cercando di ottenere consenso, (soft power) come si usa dire, anche nel “giardino di casa” degli avversari ed esporta i vaccini in oltre 30 Stati.
L’Italia (la Lombardia) è stata la seconda Wuhan e il primo Stato occidentale a realizzare un lockdown, che, va riconosciuto, è stato molto efficace; in meno di due mesi si sono praticamente azzerati i contagi. Non stiamo ad analizzare le cause per cui questo importante risultato è stato poi dilapidato, fino a ritrovarci una terribile seconda ondata che ha avuto un numero di morti doppio della prima, facendo inoltre da battistrada alla terza ondata, innestata sull’elevato plateau della seconda, dovuta alle cosiddette varianti, come è noto, soprattutto a quella inglese.
Evidentemente i paesi occidentali possono ricorrere solo alla strategia vaccinale e quindi siamo di fronte da un lato ad un coro unanime che individua nel vaccino l’unica via d’uscita dalla pandemia e dall’altro però ad una guerra politico commerciale per accaparrarsi le fiale.
Di fronte a questo scenario i movimenti politici di attivisti di classe, libertari, femministi, ecologisti non hanno saputo affrontare la sfida a livello strategico anche se sul piano pratico si sono sviluppate molte e validissime iniziative solidaristiche.
Ma l’onda d’urto dello tsunami vaccinale non ha certamente risparmiato le non fortissime resistenze dei movimenti, ovviamente cognitivamente impreparati di fronte alla pandemia. L’analisi andrebbe approfondita ma qui vogliamo solo rilevare che quello che probabilmente non poteva non accadere, avrà sicuramente delle conseguenze strategiche e storiche negative sul futuro dei movimenti che non hanno potuto/saputo cogliere quella che poteva essere l’occasione di una critica radicale al sistema del dominio fondata proprio sul principio già più volte enunciato “non vogliamo il ritorno alla normalità perché essa era il problema”.
Qui il primo punto era proprio individuare, almeno come idea-forza, la non accettazione della convivenza capitalistico-farmacologica con il virus, ma l’affermazione della necessità/possibilità del suo sradicamento, anche con riferimento ad alcune situazioni dove ciò per altro è stato effettivamente fatto, cioè in alcuni piccoli Comuni. Poi la critica andava estesa alla questione della scuola e dei contenuti dell’insegnamento (piuttosto che sulla contraddizione fra didattica a distanza o in presenza) come già si era tentato di fare durante il movimento di Friday For Future nel 2019.
Il problema di fondo è la rifondazione della cultura e dell’istruzione e ciò è possibile partendo da alcune idee fondamentali, per esempio: 1) la Narrazione Evolutiva, dal Big Bang alla formazione del sistema solare, dalla nascita della vita sulla Terra alla comparsa di Homo Sapiens e, appunto, delle sue realizzazioni sociali, culturali e artificiali; 2) l’Organizzazione Problematica cioè partire dai problemi reali e non da programmi accademici per abituarsi e abituare le giovani menti, ad affrontare i problemi cruciali della nostra epoca e tentarne le soluzioni almeno, sul piano cognitivo. In tal senso questa pandemia è stata un’occasione persa perché si doveva aprire un dibattito scientifico e politico generalizzato, con la finalità di andare alla radice dei problemi.
Quindi occorre prendere coscienza di quali sono i passi da fare per superare i ritardi temporali e culturali e metterci nelle condizioni di agire proficuamente per il futuro.
Per dare l’impostazione di fondo al lavoro da fare ci possiamo ispirare proprio a Murray Bookchin, nel centenario della sua nascita e a 15 anni dalla morte.
Una particolarissima, unica specie, l’homo sapiens, si è lentamente andata costruendo un particolare, unico mondo sociale a partire dal mondo naturale. Dal momento che i due mondi interagiscono l’uno con l’altro tramite fasi altamente complesse dell’evoluzione, è divenuto importante parlare di ecologia sociale tanto quanto di ecologia naturale.
(Murray Bookchin L’ecologia della Libertà)
Volantino a cura del Digital Social Ecology Group qui è là 11 marzo 2021
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