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Il rosario secondo Matteo


Guardando a Salvini che agita rosari e bacia crocifissi, ci è venuta in mente una locandina del 2014 usata in Spagna nella protesta delle donne contro il divieto di aborto: “ Basta de rosarios en nuestros ovarios”....

El Capitan infatti, affidando l'Europa “all'immacolato cuore di Maria”, porterà a quel parlamento, anche i “valori della vita”, che parlando di lui, sappiamo già quali sono.

Ci siamo rimaste male; pensavamo, stando anche ai sondaggi, che dopo il caso Siri e tanta ostensione di rosari, spudorate e grottesche invocazioni di santi e madonne, nell'opinione pubblica, ci fosse, se non proprio nausea, almeno un po' di fastidio per tanta strumentalità e di conseguenza una flessione nel voto.

Invece no. Invece piace.

E noi ci chiediamo perchè.

Sappiamo che inoculare paura (del diverso, dell'estraneo, dell'essere vittime di qualcuno o qualcosa...) ha pagato in termini di consenso ed ha dato il via a campagne securitarie che si traducono ovviamente in maggior controllo politico/poliziesco.

La paura è un sentimento antico ed è in parte anche uno dei fondamenti del sovranismo se inteso come antitesi alla globalizzazione, alla negazione della priopria identità per il mescolamento di diversità umane e culture.

Ma le simbologie religiose, perchè hanno ancora uno spazio di azione così potente sulle menti di una società secolarizzata dove nemmeno i credenti vanno più a messa ed i preti sono in via di estinzione?

Certo, assistiamo frequentemente alle “guerre” per il crocefisso o per il presepio e sappiamo che sono simboli agitati per differenziare in negativo chi non ce l'ha o chi non lo vuole.

Forse prendere le mosse da lì per capire che in questo caso, anche il rosario è uno strumento di identificazione e coagulazione interna, contro il “nemico” esterno.

Ci viene in mente allora l'ultimo libro di Franco Fabbro: “Identità culturale e violenza – neuropsicologia delle lingue e delle religioni” (con il quale avremo peraltro occasione di un reincontro a breve) dove appunto si scrive che i fenomeni religiosi presentano numerosi aspetti in comune con il linguaggio; la religione sta impressa nel cervello, come la lingua madre, con tutti i suoi riti, preghiere, racconti mitologici, sacerdoti... e, come la lingua, serviva/serve alla coesione interna ed allo stesso tempo alla differenziazione verso l'esterno, gli altri.

L'altro gruppo, l'altro popolo, l'altro possibile nemico.

Quando ci chiediamo perchè è così facile far presa con simbologie religiose forse dovremmo risponderci che è facile risvegliare atavismi di specie strutturati per necessità e funzioni evolutive e rimasti lì senza essere rielaborati da una cultura in grado di smarcarsi da questa zavorra.

D'altra parte, che dovremmo dire guardando a Sgarbi che sbraita “In hoc signo vinces” riferito a Salvini, ricordando l'epopea dell'imperatore Costantino?

Quella cosa lì di Costantino l'imperatore cristiano illuminato da Dio, ce lo insegnavano anche a noi nelle elementari (fine anni 60) perchè la costruzione mitologica sempre continua.

Ma la storia non mitologizzata, l'altra storia, quella non addomesticata, bisogna cercarla, studiare...., una corona di domande piuttosto che la corona del rosario.

Questo dovrebbe restare uno dei tanti strumenti della religione per entrare in contatto con la parte spirituale, se non un buon metodo di rilassamento e respiro; non di soffocamento delle aspirazioni delle libertà, ad iniziare da quelle religiose, anche di chi, come noi è senza Dio.

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